Il Sogno di Giusy

Cari Amici o anonimi lettori benvenuti!

Quella che voglio proporvi in queste poche righe è la Storia della mia amica 90903774_106469720997536_1818031176468660224_n.jpgGiusy.

O meglio in questo piccolo spazio virtuale voglio riportarvi quella che è la sua condizione oggi attraverso le sue parole che seguiranno a questa mi breve introduzione.

Ho più volte riscritto questa introduzione ma credo che non servano tante parole o artifizi letterari per raccontare un’amara verità: Giusy ha una sola speranza di vita ed è quella di bloccare “il mostro” attraverso cure sperimentali.

Qualche settimana fa a casa sua, insieme, abbiamo letto tutti i referti dal marzo del 2019, mese in cui Giusy ha scoperto di essere malata ad oggi. L’ultima relazione clinica non lascia spazio ad interpretazioni indicando di procedere con una chemioterapia di mantenimento in attesa… in attesa di un miracolo.

Buona lettura e grazie.


 LA STORIA DI GIUSY 

Nel racconto che segue è la stessa Giusy a raccontare cosa le è accaduto e com’è giunta, oggi, a “chiedere” l’aiuto di chi vorrà sostenerla.

Mi chiamo Giuseppina Terrafino, “Giusy” per coloro che mi vogliono bene, e sono nata a Mola di Bari il 27 Giugno del 1969. Vivo ancora a Mola di Bari e voglio spegnere la mia 51esima candelina.

Il 9/12/2018 è il giorno che per me significa l’inizio di un vero e proprio incubo. È in tale data che, a seguito di una visita di una visita assolutamente rassicurante dalla mia ginecologa, inizio la cura in compresse che mi aveva prescritto.

In realtà solo dopo diversi mesi, il 21 Marzo del 2019, scopro che quello che non era stato precedentemente diagnosticato è un CANCRO.

Seguono visite e controlli serrati, in una disperata lotta contro il tempo.

Il 27 Marzo 2019, come una sentenza di condanna, il referto della risonanza certifica la presenza di “quattro masse tumorali”, l’esisto dell’esame istologico del 3 aprile 2019 riporta quanto segue: «multipli frammenti di carcinoma squamoso non cheratinizzante, infiltrante del collo dell’utero.»

Da quel giorno ho sostenuto ben 9 cicli di chemioterapia e il 15 Luglio 2019 sono stata sottoposta ad un intervento chirurgico di asportazione.

L’esame istologico del 30 Luglio referta: «Ovaio destro positivo». Proseguono ulteriori accertamenti presso la clinica di San Giovanni Rotondo, e dopo una settimana di degenza in quella clinica mi viene comunicato che il tumore era fuoriuscito che si era esteso per tutto l’addome, arrivando dietro alla clavicola sinistra, la vena Orta addominale con attaccatura allo stomaco e pieno. A ciò si aggiunge un nodulo diagnosticato al seno sinistro.

“INOPERABILE”.

È il verdetto finale, a cui non posso più produrre appello.

Qualcuno, con immensa carità, mi ha suggerito che ora è il tempo di affidarmi nelle mani del Signore. Lo faccio tutti i giorni, ma so che non basterà questo a tenermi in vita.

Oggi sono sottoposta ad una chemio di mantenimento, inutile a guarire, ma necessaria per cercare di arrestare l’avanzata di questo mostro che, senza motivo, vuole minare alla mia Vita.

Io voglio vivere, è solo questo il mio sogno oggi.

Non lasciatemi sola perché ho paura.


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In attesa della “Festa Grande”

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Da questa sera ha inizio la nostra “Festa Grande”, la festa di tutti noi molesi (e non solo); ed io l’attendo esattamente come il bambino in questa foto.

Difatti quest’appuntamento annuale è un’opportunità per ri-tornare a me e a quello che sono e voglio essere. E accade allora che voglio ritornare bambino affinché tutto mi stupisca e mi meravigli come fosse la prima volta. Ed attendo…

Della festa grande aspetto le luci delle luminarie che sono sempre belle! Sono belle se “belli” sono gli occhi di chi le guarda. Quale dei nostri bambini non ha alzato il ditino per indicare quella festa di luci che, come un grande ricamo, orna la nostra piazza grande, per esprimere la propria gioia? O chi di noi non ha provato meraviglia nel veder splendere nei loro occhietti stupiti quei colori che per qualche giorno ci distrarranno dalle nostre pochezze per introdurci nella “festa”?

La “festa”, quella vera, è un atteggiamento del cuore.

È la capacità di danzare, cantare e continuare a suonare il proprio personale inno alla gioia nonostante tutto e tutti. E la vera tragedia accade quando diventiamo incapaci di gioire perché il nostro cuore, e la nostra persona, si è irrimediabilmente persuasa di non essere più capace di provare sbalzi di gioia vera e momenti di autentica felicità, perché il vivere quotidiano ti appesantisce di delusioni e amarezze dettate dall’incapacità di praticare il dono dell’amicizia in maniera autentica e libera. O le piccole e grandi tragedie personali provano a convincerti che la felicità è solo utopia.

Ed ecco che tolte le inibizioni dell’adulto, e fatte mie le peculiarità del bambino, ogni anno percorro quasi correndo via C. Battisti: i passi si fanno svelti per vedere se tutto è lì come sempre. Si, come l’anno prima, e quello prima ancora… perché tra le pieghe di queste nostre povere cose materiali sono nascosti i ricordi più atavici, e nello spazio del ricordo sono gelosamente custoditi i nostri affetti più cari che alla festa partecipano per mezzo del sentimento della mancanza.

Tra i tavoli disseminati un po’ ovunque nella grande piazza, c’è una comunità che per la festa corre ad accaparrassi un posto per stare tutti insieme. È l’immagine suggestiva del pranzo domenicale dove la famiglia, tutta, viene raccolta per dividere-con tutti quello che si ha, ma soprattutto quello che si è. E lo spazio, seppure piccolo, si allarga oltre confine per accogliere anche il parente e l’amico lontano da casa. Mentre alle bande è affidato il compito di cadenzare, dando tempo e ritmo, a queste giornate belle.

… il tutto in attesa della Vergine Addolorata che domenica percorrerà le strade di questo Paese. E noi, dietro di Lei, per imparare a camminare lungo le strade di questo nostro tempo per maturare un atteggiamento di operosa speranza.

È questo “dolore”, raffigurato nell’immagine della nostra Patrona con il viso terrorizzato dalla morte, che stride con tutto il resto. O forse no: al mondo non esiste dolore più straziante di una mamma che ha perso il frutto del proprio seno, ma la “festa”, come si è avuto modo di riflettere, è cosa del cuore.

E seppure ferito, malconcio e trafitto il cuore è fatto per amare… sine modo.

È solo una rastrelliera rotta?

Indignazione e rabbia questa mattina (legittima) alla vista della foto della rastrelliera rotta.
Indignazione, perché quella rastrelliera fa parte del nuovo arredo urbano dalla “rinata” piazza del paese.
Gli insulti si sprecano per quell’atto di vandalismo. (?)

Voglio immaginare che la rastrelliera si sia rotta perché un bambino aveva trovato come unico gioco quello di “fare la scimmia” appeso alla stessa. Voglio credere che in quel momento sia sfuggito allo sguardo dei genitori. Voglio sperare che non si sia fatto male: che il piccolo, il ragazzino o l’adolescente stia bene nonostante tutto.
Da papà mi sarei spaventato moltissimo.

Lo sfregio alla collettività, invece, è proprio nel momento educativo generatosi a seguito dell’accaduto: senza giri di parole, se l’autore fosse stato mio figlio avrei trovato un modo per risarcire la comunità del danno commesso. Ma ancor prima del risarcimento dovuto a tutti, avrei impartito a mio figlio la lezione più importante: la casa comune appartiene a tutti ed è per tutti.

Quella foto mi colpisce.
Si è rotto qualcosa, certo, ma continua a rompersi sempre di più, irrimediabilmente, il “sentire comune” che deve caratterizzare ogni nostra azione sociale.

Mi colpisce ancor di più il metodo che da un po di tempo a questa parte tanti amici hanno adottato per “denunciare” lo stato di abbandono in cui versano zone della Città: si corre a chi denuncia (o insulta?) più forte il prossimo. Trovo violento e improduttivo anche questo gioco al massacro della cosa pubblica: sembra stiamo facendo a gara a far emergere le deficienze di questa comunità. Mancanze che non appartengono “ad altri”. No no, sono proprio le nostre. Le mie. Le tue che leggi. Perché un po’ di colpa se siamo ridotti a questo l’abbiamo tutti.

Spero che il messaggio giunga al destinatario e ci offra una buona occasione per sperare in una realtà migliore di quella che ci appare.

E da sotto l’ombrellone, a due passi della stupenda costa molese, auguro un Buon Ferragosto a chi leggerà queste parole.

Mola – Malawi: un legame che ha un volto ed un nome

selfie-1«È impossibile parlare della “cosa più bella” che ho vissuto qui. Ogni giorno in compagnia di questi piccoli amici è magnifico. Una delle cose che più mi ha segnato è il loro smagliante sorriso: vivono di stenti, sono poveri nel più pure senso della parola ma hanno sempre pronto un sorriso da regalarti in qualsiasi momento della giornata. Vivere con loro è disarmante: mai avrei pensato di incontrare l’ospitalità nella povertà. Sono in grado di farti sentire a casa in ogni momento… Provo tante di quelle emozioni, ogni giorno, in ogni attimo della giornata. La cosa più bella? Beh… certamente è quella che vivrò domani.»

Si conclude così l’intervista che Fabiola Battista (27 anni di Mola di Bari) mi ha rilasciato per il mensile di Mola di Bari “Città Nostra”. L’intervista sarà possibile leggerla acquistando in numero di Dicembre 2016 che è in stampa!

Con questo vorrei attirare, cari amici, l’attenzione su quanto una nostra concittadina sta realizzando. Fabiola da ben 24 mesi ormai ha aderito al progetto  “Fighting with the poor” e dall’Agosto del 2016 vive ed opera a Chilangoma in Malawi.

Nell’intervista appena citata potrete leggere cosa prevede questo progetto…  in questa sede vorrei attirare la vostra attenzione su “MADE IN MALAWI”!

Made in Malawi vuole essere una specie di marco temporaneo che identifichi i prodotti che Fabiola sta realizzando in Malawi (o meglio che gli abitanti del posto stanno realizzando) e che propone di acquistare per finanziare il suo progetto in quelle terre difficili.

Settimanalmente pubblicheremo i “prodotti” in nostro possesso e ci metteremo a disposizione di chi vorrà acquistarli. Non solo soldi ma, e soprattutto, la condivisione di un progetto: rendere possibile l’istruzione sin dall’infanzia attraverso il finanziamento di ASILI in Malawi!

Ci stiamo preparando al Natale… può essere l’occasione per fare un regalo che vale il doppio!

Giovanni Gallo

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